In questi giorni lo studio a seguito con grande attenzione quello che sta accadendo nel mondo arabo (come peraltro il mondo intero) ed il nostro interesse non muove solo dalla sensibilità dimostrata nel corso degli ultimi due anni a questo meraviglioso ma complicato universo (quello arabo) ma soprattutto per l’importanza delle relazione che noi europei, in particolare l’Italia, abbiamo con l’Islam e le sue ripercussioni con l’area del mediterraneo. L’articolo che abbiamo deciso di pubblicare quest’oggi ci offre spunto per una riflessione sul ruolo di un paese arabo il Qatar, conosciuto geograficamente da molti ma ignoto hai più per il ruolo geopolitico nell’asse mondo arabo e Stati Uniti d’America. Tratto dal Sole 24 ore e scritto da Mario Platero, questo articolo ci offre la possibilità di analizzare questi aspetti bivalenti dell’azione governativa qatarina nel mondo arabo ed americano. Buona lettura.
Il futuro: a Doha nel 2022 dovrebbe giocarsi la Coppa del Mondo di calcio. Il presente: a Doha nel 2014 si finanzia Hamas, vi sono stati sospetti di aiuti all’Isis e interferenze fino alla rottura nel negoziato fra israeliani e palestinesi in Egitto.
In questa gravissima crisi in Medio Oriente, il Qatar, stato ricchissimo e piccolissimo del Golfo, non aiuta. Il gap fra l’accogliere una manifestazione pacifica come la Coppa del Mondo e alimentare differenze e acrimonie in Medio Oriente è forte e andrà risolto al più presto. Anche perché il tradizionale contrasto che da sempre esprime il Qatar fra manifestazioni di apertura e di chiusura è persino cresciuto sotto la leadership dell’emiro Tamin Bin Hamad Al Thani
Doha gioca con abile disinvoltura su due tavoli, quello dell’estremismo sunnita rappresentato dalla Fratellanza islamica e da Hamas, da cui nascono anche Osama bin Laden e oggi l’Isis, e quello dell’alleanza con gli Usa con la copertura dei costi della base aerea americana di Al Udeid, la più grande all’estero, da cui sono partite le missioni in Iraq e in Afghanistan. Il caso Qatar diventa così emblematico della complessità della situazione in Medio Oriente e di quel groviglio di interessi contrastanti, primo fra tutti quello religioso.
Doha ha chiuso un contratto con il Pentagono per l’acquisto di 11 miliardi di dollari per forniture militari. Ma lo stesso Qatar ha aiutato i ribelli del Mali guastando i rapporti con la Francia, dove l’emiro spesso assiste alle partite della squadra di sua proprietà, il Paris St. Germain. Le denunce più sorprendenti sono state quelle del ministro per lo sviluppo tedesco Gerd Müller che ha accusato il Qatar di aver finanziato l’Isis. Il Qatar ha smentito duramente e la Germania ha preso le distanze dal suo ministro. L’altra accusa è giunta dai vertici dell’Autorità palestinese. I negoziati al Cairo con Israele andavano avanti ma è stato il Qatar ad aver incoraggiato Hamas a rompere. Doha smentisce, anche attraverso la sua rete al Jazeera, ma le accuse sono circostanziate, chiarissime le giustificazioni politiche
Forse la storia si ripete. Doha ha rapporti antichi con la Fratellanza. Ha ospitato suoi esponenti quando erano al bando in altri Paesi arabi, soprattutto dall’Egitto. Le tribù del Qatar hanno sposato alcune interpretazioni del Corano della Fratellanza alimentando differenze con l’Arabia Saudita. Poi, dopo la primavera araba, la Fratellanza è andata al potere al Cairo e ha ricevuto ogni appoggio possibile dal Qatar. Entrambi hanno aperto ad Hamas che ha ricevuto importanti finanziamenti. Fino a quando il generale Abdul Fattah Al Sisi non ha preso il potere, dichiarato illegale la Fratellanza islamica, giustiziato alcune centinaia di esponenti e chiuso ogni rapporto con Hamas.
Il quadro è chiaro abbastanza per farci capire che se Hamas rompe il negoziato al Cairo introducendo richieste nuove dopo un incontro con esponenti del Qatar non lo fa nell’interesse del popolo palestinese ma di vecchie battaglie interne al mondo arabo e a quello islamico. Conti da pagare, vendette da sistemare, problemi irrisolti fra le molte fazioni dell’Islam ormai ramificate in grovigli ancora meno decifrabili dopo le “primavere”. Il Qatar ha un problema con l’Iran che rappresenta il “nemico” sciita, ma ha anche con l’Arabia Saudita. L’ironia è che, per vie diverse con i sauditi, ha appoggiato i ribelli anti sciiti in Siria. Erano davvero tutti dell’Isis? Forse no.
Ma il denaro, le armi, i progetti sono fungibili. E In tutto questo occorre dire che il peccato originale l’ha creato l’America: ha aperto all’Iran irritando Arabia Saudita e Qatar, ha chiuso un occhio quando ci fu il colpo di Stato al Cairo e continua a vendere armi come se nulla fosse al Qatar che aiuta un’organizzazione come Hamas bollata come terroristica dal dipartimento di Stato. E dunque, in mancanza di risultati occorre che gli Stati Uniti facciano la voce grossa in primis con il Qatar. Elliott Abrams, esperto di Medio Oriente che lavorò con due amministrazioni, quelle di Reagan e di Bush senior, suggerisce di minacciare il Qatar con il trasferimento della base aerea americana. A Doha sarebbero terrorizzati dall’idea di perdere la loro garanzia contro l’Iran. Ma forse con l’emiro sarà più efficace la minaccia di trasferire i mondiali.
These days the studio followed with great attention to what is happening in the Arab world (as indeed the whole world) and our interest not only moves from sensitivity shown over the last two years to this wonderful but complicated universe (the Arabic) but also for the importance of relationship that we Europeans, in particular Italy, have with Islam and its impact on the area of the Mediterranean. The article that we decided to publish today offers us an opportunity to reflect on the role of an Arab country, Doha, geographically known by many but unknown for the role you have more geopolitical axis Arab world and the United States of America. Taken from the Sun 24 hours and written by Mario Platero, this article gives us the opportunity to analyze these aspects of government divalent Qatar in the Arab world and America.
The future: to Doha in 2022 should play for the World Cup football. The present: in Doha in 2014, is financed Hamas, there have been suspicions of aid ISIS and interference until the break in the negotiations between Israelis and Palestinians in Egypt.
In this grave crisis in the Middle East, Qatar, was very rich and very small in the Gulf, does not help. The gap between the accept a peaceful demonstration as the World Cup and dietary differences and acrimonie in the Middle East is strong and will be fixed soon. Also because the traditional contrast that always expresses the demonstrations Qatar between the opening and closing is even grew under the leadership of the Emir Tamin Bin Hamad Al Thani
Doha plays with deft aplomb on two tables, one of Sunni represented by the Muslim Brotherhood and Hamas, which are also born Osama bin Laden and now the Isis, and the alliance with the United States to cover the costs of the base American air Al Udeid, the largest overseas, from which they were shipped missions in Iraq and Afghanistan. The case of Qatar becomes emblematic of the complexity of the situation in the Middle East and the tangle of conflicting interests, first of all religious.
Doha has closed a contract with the Pentagon to purchase $ 11 billion for military supplies. But the same Qatar helped the rebels in Mali spoiling relations with France, where the Emir often attends matches with his property, the Paris St. Germain. The complaints were those of the most surprising development minister German Gerd Müller who accused Qatar of financing the Isis. Qatar has denied harshly and Germany has distanced himself from his minister. The other charge is reached by the leaders of the Palestinian Authority. Negotiations with Israel in Cairo went on but it was Qatar that has encouraged Hamas to break. Doha denies, even through its network Al Jazeera, but the allegations are substantiated, the very clear political justifications
Perhaps history is repeating itself. Doha has relationships with the ancient Brotherhood. It hosted its members when they were banned in other Arab countries, especially Egypt. The tribes of Qatar married to some interpretations of the Koran Brotherhood fueling differences with Saudi Arabia. Then, after the Arab Spring, the Brotherhood came to power in Cairo and received every possible support from Qatar. Both are open to Hamas, which has received substantial funding. Until the general Abdul Fattah Al Sisi has not taken power, outlawed Muslim Brotherhood, executed a few hundred members and close any relationship with Hamas.
The picture is clear enough for us to understand that if Hamas breaks the negotiations in Cairo introducing new demands after a meeting with representatives of Qatar does not do it in the interest of the Palestinian people but of old battles within the Arab world and the Islamic world. Accounts Payable, sold to fix, unresolved issues among the many factions of Islam now branched into tangles even less decipherable after the “springs”. Qatar has a problem with Iran is that the “enemy” Shiite, but also with Saudi Arabia. The irony is that, by different routes with the Saudis, backed the anti Shiite rebels in Syria. They were all really Isis? Maybe not.
But money, weapons, plans are fungible. And in all this we must say that original sin has created America: Iran has opened irritating Saudi Arabia and Qatar, has turned a blind eye when there was a coup d’etat in Cairo and continues to sell arms as if nothing was in Qatar that helps an organization like Hamas, branded a terrorist group by the State Department. And then, in the absence of results is necessary that the United States make its voice in the first place with Qatar. Elliott Abrams, a Middle East expert who worked with two administrations, the Reagan and Bush senior, suggests that threaten Qatar with the transfer of the American airbase. A Doha would be terrified of losing their warranty against Iran. But perhaps with the emir will be more effective the threat of transferring the world.